Lips

martedì 31 agosto 2010

Con te per sempre lo giuro - fan fiction di Aquarion

NOTA: Questa fanfiction riguarda l’anime Aquarion. La mia “fantasia” inizia dall’episodio 23 in cui Sirius, passato dalla parte degli angeli delle tenebre, sta combattendo contro i suoi ex-compagni: ho cambiato l’esito della battaglia per agganciare la ff.


CAPITOLO 1: La scelta delle ali

...<<Anche se non posso volare, sono comunque in grado di realizzare i miei sogni!>> 
...<<Questa mano non è fatta per stringere la tua, fratello, ma per stringere quelle delle persone a cui voglio bene>>
...Con queste parole Apollo e Silvia avevano scosso l’animo di Sirius fino a ricondurlo alla Deava.

La mattina seguente la battaglia, gli elements furono svegliati di botto alle 4.00, quando il sole spuntava appena alla riga dell’orizzonte. Furono schierati nel campo sportivo in attesa del comandante Gen Fudo, il quale preferì al solito un’entrata delle sue apparendo dietro i ragazzi: <<Attenti!>>
Tutti fecero mezzo giro per voltarsi ricomponendosi alla meno peggio.
<<È giunto il momento>> continuò, mentre il sole sorgeva lentamente alle sue spalle <<… se tra noi c’è veramente Ali del Sole>>.


I piloti sembravano immobilizzati, ma ogni tanto lanciavano occhiate fuggenti verso Sirius, Apollo e Silvia. Dopo che Toma aveva portato Sirius ad Atlandia, l’ipotesi ormai certezza che Apollo fosse la reincarnazione di Ali del Sole era andata sgretolandosi in un dubbio: Sirius o Apollo? La stessa Silvia, reincarnazione di Celyan, non riusciva più a darsi una risposta. E ora veniva messa in dubbio la presenza stessa di Apollonius alla Deava.
La voce autoritaria del comandante s’insinuava di soppiatto trai pensieri degli elements:
<<Voglio fare una prova, non sarà decisiva, ma vale la pena di provare.>>

Tutti erano ancora impietriti, immersi nella speranza di udire un “Rompete le righe” e tornarsene a letto a dimenticare quelle strane affermazioni: ma la richiesta fu stramba come sempre…
<<Silvia!>> - la ragazza trasalì sentendosi chiamare - <<Vieni al centro del campo>>.
<<Eccomi>> Silvia era corsa dal comandante, ma ora non poteva nascondergli il suo timore.


Fudo la bendò sbrigativamente con un fazzoletto nero di una stoffa piuttosto pesante, poi riprese: <<Tu resta ferma qui. Voi invece disponetevi in cerchio intorno a lei… no, così non va bene, più radi… ancora un po’… bene, fermi.>> Intanto lui era uscito dal cerchio e aveva raggiunto la dottoressa Sofia e il vice comandante Gerome che erano rimasti a bordo campo con Reina.
<<Perché ha fatto disporre anche le ragazze?>> chiese la dottoressa <<Non credo che Apollonius si sia reincarnato in una donna.>>
<<Se disponevo solo i ragazzi, il cerchio veniva troppo piccolo!>>
La dottoressa sorrise, in seguito si rivolse a Silvia che attendeva istruzioni:
<<Silvia, ascoltami bene: cerca di concentrarti. Svuota la mente e ripercorri solo i ricordi della tua vita precedente. Libera Celyan; hai capito?>>
<<Credo di sì>> “O almeno spero”
<<Lascia che il tuo cuore ti mostri la verità!>> la voce di Gen Fudo rimbombava per tutto il campo.

Intanto la tensione si faceva più alta e il sole sembrava attendere a sorgere nella sua completezza. Il cuore di Silvia batteva sempre più forte e la mente diventava più confusa ad ogni secondo. Chi è veramente Ali del Sole? Apollo o Sirius?
“Devo calmarmi, così non riuscirò a mai a tornare Celyan, devo pensare solo al passato, solo ad Apollonius e dimenticare tutto il resto… se solo potessi provare gli stessi sentimenti di quando toccai quella piuma…”

Cominciò a respirare lentamente nell’inutile tentativo di scrollarsi di dosso tutti gli sguardi e la responsabilità che la opprimevano. Tuttavia l’agitazione diminuiva respinta da un calore che si accendeva flebile dentro di lei. Il volto di un uomo appariva sfocato emanando lo stesso in quella nebbia di pensieri una potenza abbagliante: era bellissimo con rossi capelli mossi dal vento e gli occhi profondi, uno sguardo familiare, tristi e insieme terribili. Era irradiato di una luce accecante.

Senza accorgersene, Silvia stava già camminando verso qualcuno con le braccia protese a sfiorare quella persona: aveva riconosciuto una collana; aveva dunque sbagliato, si trovava di fronte ad una ragazza.
Si tolse la benda con rassegnazione, ma - alzati gli occhi - vedeva Ali del Sole… sì, era veramente lui, non c’erano dubbi… quegli occhi, i capelli fiammeggianti, il sole radioso alle sue spalle… Lo abbracciò appoggiandogli le mani su quella schiena robusta per tenerlo stretto.
Attorno i ragazzi erano rimasti senza fiato; lei lo chiamava ignara di tutto: <<Apollonius…>>.
Sirius si era ghiacciato così come i suoi occhi increduli… <<Perché… perché lui?>>.
Sì, Silvia aveva scelto lui: Apollo. Quel sole non era sorto alle sue spalle per caso.

Quando Silvia si rese conto che stava abbracciando Apollo si stacco bruscamente: barcollava cercando di farsene una ragione. Poi irruppe nel silenzio che si era creato: <<Molto bene, non è sufficiente dato che gli esseri umani sono creature inaffidabili, ma è sempre un inizio. Tornate pure nelle vostre stanze, per oggi ho finito con voi.>>
I ragazzi e le ragazze ripercorsero i loro passi fino alle camere, la maggior parte per tornare a dormire.
Nessuno aveva voglia di commentare l’allenamento, soprattutto a quell’ora del mattino.

Sirius si era chiuso come al solito nella sua stanza a leggere custodito dalla penombra…
<<Fratello, posso entrare?>>
<<Vieni avanti.>>

Nella stanza le tende erano ancora tirate nonostante ormai si fosse fatto giorno; una sola lampada illuminava la scrivania dove Sirius stava seduto dietro una decina di libri disposti ordinatamente.
<<Fratello, ecco… prima io…>>
<<So di non essere io Ali del Sole.>>
<<Ma anche Fudo ha detto…>>
<<Se io fossi realmente Apollonius, non credo che gli angeli delle tenebre mi avrebbero lasciato andare così facilmente… e comunque è meglio che sia così.>>
<<Perché dici questo!>>
<<Silvia, noi siamo fratelli, io non potrei mai essere contemporaneamente tuo fratello e l’amato della vita precedente.>>
<<Forse hai ragione. È meglio così… anche perché…>>
<<Perché, cosa?>>
<<No, niente. Ti lascio in pace adesso.>>


Nel frattempo qualcuno si dedica ad una caccia mattutina nei boschi circostanti la base:
<<Uffa! Non sono riuscito a prendere nemmeno una lucertola.>>. Apollo si distende sull’erba fissando il cielo tra le fronde degli alberi. L’immagine di Silvia che camminava verso di lui gli percuote il cervello.
“Chissà, forse sono davvero Apollonius… se è vero, nella mia vita precedente…" si gira su un lato scrutando le ombre dei cespugli di rovi.
<<Ahia! Che male alla schiena! Eppure non ho battuto mica da nessuna parte!>> adesso si alza spolverando un po’ i pantaloni <<Sarà meglio rientrare, oggi non è proprio giornata!>>

Le ore si protraggono oziose finché non si fa sera e Apollo prima di cena va a farsi una doccia fredda per ritemprarsi: non ha voglia di fare un’altra battuta di caccia senza bottino.
L’acqua scorre sciacquando via l’inquietudine, d’altra parte rendendo i ricordi ancora più nitidi e quasi senza volere già pronuncia dolcemente il nome di Celyan.

Un’altra fitta alla schiena lo riportò con i piedi per terra. Uscì dalla doccia per specchiarsi in modo tale da vedere la schiena: erano comparsi due segni che seguivano la linea interna delle scapole. Rientrò sotto l’acqua cercando di lavarli via, ma sembravano indelebili; ogni tanto tornava a specchiarsi: erano sempre lì.
<<Accidenti!>>
Allora si ricordò che esattamente lì Silvia aveva appoggiato le mani durante l’allenamento: <<Tutta colpa della Principessa Fessa!>>
Non fece per poco in tempo a finire di lamentarsi che fu preso da una fitta più forte. L’acqua fredda si macchiò di caldo rosso sangue. I segni indelebili avevano cominciato a sanguinare in piccole gocce, ma l’emorragia sembrava aumentare.
Apollo si vestì in fretta legandosi un asciugamano sotto il gilet per non sporcarlo col sangue: “Non so cosa mi stia accadendo, ma di sicuro è colpa della Principessa Fessa!” Apollo correva per i corridoi diretto al dormitorio.
Fortunatamente Silvia era in fondo alle scale che scendono nelle stanze comuni. Apollo l’afferrò per un braccio portandola con sé. Continuò a correre finché non raggiunsero l’infermeria secondaria della Deava usata raramente e solo in casi d’emergenza.
<<Si può sapere perché mi hai portata qui?Rispondimi!>>
<<Sei tu che devi rispondere! Cos’hai fatto alla mia schiena!>>
<<Ma cosa stai blaterando…>>
La frase di Silvia rimase sospesa, poiché davanti a lei Apollo esibiva i due segni sanguinanti.
In un lampo la ragazza rivide la candida ala che grondava sangue, quella che aveva visto quando lei e Apollo avevano toccato la piuma degli angeli delle tenebre.
<<Ehi, vuoi aiutarmi sì o no?>>
<<Oh, scusami! Certo che ti aiuto, da quanto è che sanguini? Non è che ti viene un’anemia? Dove tengono le bende? Ce la fai ad aspettare un attimo?>>. Silvia correva su e giù nella piccola infermeria lasciando da parte il suo carattere scontroso. Lui aveva appoggiato degli altri asciugamani sul letto e si era sdraiato con la schiena verso l’alto per rallentare la perdita di sangue.
Quando Silvia ebbe trovato il minimo indispensabile, gli asciugò la schiena e ci spruzzò sopra il disinfettante e un cicatrizzante che formava una pellicola tipo cerotto.
<<Adesso tirati su se vuoi che ti bendi.>> si sentiva in colpa, sentiva che era colpa sua, o almeno in parte.
<<E va bene…ahia!>> Apollo si tirò su disponendosi faccia a faccia con lei <<Questa me la paghi Principessa Fessa!>> continuò.
<<Beh, scusami, non potevo prevedere che sarebbe successo e poi… come mai sei venuto da me? Potevi andare dai medici della Deava.>>. Silvia stava arrossendo un po’ per la rabbia, ma soprattutto perché non voleva alzare lo sguardo e vedere Apollo seduto lì senza maglia e, di conseguenza, arrossire di più.
<<Avevo paura…>> la voce di Apollo si era fatta cupa <<Avevo paura che mi trattassero come hanno fatto con Glen e quell’angelo…>>
<<Apollo…>> Silvia stese la mano per confortarlo e lui senza preavviso se la appoggiò all’altezza del cuore, così suscitando stupore e imbarazzo nella ragazza che sentiva avvolgersi in quel profumo nostalgico.
<<Non preoccuparti,>> riprese lei <<ora alza le braccia così ti posso fasciare.>>
<<Potresti bendarmi in modo che non si veda da sotto i vestiti?>>
<<Ci proverò>>.

CAPITOLO 2: La battaglia dei laghi
Il mattino seguente alle 11:11 precise un soldato cherubin minacciava lo stato dell’Ohio, USA. Le indicazioni del vice comandante echeggiavano dagli altoparlanti per tutta la base:
<<Vector Mars, Pierre. Vector Luna, Reika. Vector Sol, Apollo.>>
Poi la registrazione: <<Gli addetti alla manutenzione sono pregati di allontanarsi dalla zona di lancio>>.
I tre vectors sfrecciavano ad alta quota sopra i Grandi Laghi e videro il soldato cherubin ergersi sulla piccola isola nell’estremità ovest del Lago Erie. Era un nuovo modello, di dimensioni maggiori rispetto a quelle standar; sembrava un cavaliere.

Alla base June stava comunicando i dati ricevuti. <<Il materiale di costruzione sembrerebbe platino, ma i valori di durezza e fusione sono alterati: durezza 11 e fusione a 1000°C>>.

<<Fondetevi in Aquarion Mars: è il più adatto a quest’ambiente>> comandò Gerome.
Pierre prese esaltato la posizione di testa nella formazione: <<Concentrazione!>>, <<Fusione!>>, <<Go! Aquarion!>>.
Le vector machines si unirono nell’Aquarion che ora s’innalzava tra la foresta di conifere della riva nord.
<<Fire kick!>> senza esitare Pierre calciò un abete infuocato contro il soldato che lo schivò in un movimento ondeggiante.
Ora l’Aquarion Mars si avvicinava con un pugno incandescente che colpì il braccio sinistro squagliandolo. Sotto gli occhi increduli degli elements: mentre i cavi delle articolazioni del soldato cherubin s’illuminavano d’azzurro, il platino si ricompose.
Continuarono così per circa un’ora e ogni volta che Mars andava a segno, il soldato si ricomponeva nelle parti danneggiate, con il risultato che gli elements erano sempre più stanchi.

Apollo sentiva la schiena pulsare dal dolore che diventava più forte ad ogni urto, ma non avrebbe mai accettato una sconfitta, poi comparse la finestra di Reika sullo schermo: <<Se andiamo avanti così, perderemo, dobbiamo scoprire il suo punto debole!>>. Detto questo Reika si concentrò su ogni singola parte e meccanismo del nemico finché non parlò di nuovo:
<<Bisogna distruggere la sfera al centro del suo corpo; è grazie a quella che si ricompone! Pierre lasciami assumere la posizione di testa.>>
<<Va bene!>>
Il gigante si divise per tornare subito ad essere uno, ma con diversa configurazione:
<<Aquarion Luna!>>
Reika preparò l’arco e la freccia intanto che il cavaliere avversario s’avvicinava pericolosamente.
<<Non posso sbagliare… Lunatic Archery!>>.
La freccia partì sibilando, ma strisciò lateralmente sfiorando appena la sfera che non si scalfì neppure. Troppo tardi; il pugno nemico li investì in pieno provocando l’annullamento della fusione.
I tre vectors si trovarono scagliati in direzioni differenti: il Mars riprese quota per primo, seguito dal Luna.
Il Sol invece si era arenato sul bordo del lago con la punta semisommersa dall’acqua.

<<Apollo… Apollo mi senti?>>. Sia Reika che Pierre ripetevano all’infinito quella frase mentre Tsugumi dalla Deava rese note le condizioni del vector:
<<Si sono interrotte le comunicazioni Vector Sol, probabilmente Apollo è svenuto.>>
Gerome ordinò precipitosamente il teleport-change, ma il sistema non rispondeva.
Il comandante Fudo si alzò in piedi: <<È necessario mandare un element sul posto, preparate la navetta d’emergenza, useremo quella.>>
<<Comandante! Mandi me!>>. Era stata Silvia a urlare, “Sono l’unica a sapere che Apollo era ferito ancora prima di salire a bordo” pensò.
<<Permesso accordato>> disse Fudo con uno dei suoi sorrisi maliziosi sulle labbra, <<Pierre, Reika; ci occorrono almeno cinque minuti, cercate di prendere tempo>>.
<<Ricevuto!>>
Silvia atterrò accanto al Sol dopo 3 minuti e 46 secondi, a 4 minuti spaccati era già salita.
<<Ehi, Apollo… puoi sentirmi? Sono io, Silvia>> la ragazza sosteneva il corpo di Apollo con le braccia facendo attenzione alla schiena e avvicinò l’orecchio alla bocca di lui per controllare il respiro.
<<Il respiro mi sembra regolare… forza Apollo, svegliati! Dobbiamo combattere!>>
Lui socchiuse gli occhi guardando la confusa sagoma della ragazza di fronte a sé: <<Silvia…>>
<<Menomale! Riesci a muoverti?>>
<<Credo di sì…>>
<<Facciamo così, tu ti siedi sopra di me: in questo modo posso attutirti i colpi alla schiena.>> e Silvia si mise seduta sul sedile, ma Apollo esitava, <<Avanti, Apollo! Non è la prima volta che pilotiamo insieme, vedrai che ce la caveremo anche questa volta!>>
<<Ok, mi hai convinto.>> concluse con tono rassegnato afferrando i comandi insieme a Silvia.

Sol riprese a muoversi affiancando le altre due macchine; Pierre non tardò a sfogare la sua ironia su Apollo e Silvia: <<Ehi, Silvia! A quanto vedo non ti dispiace il contatto fisico, eh?!>>
<<Pierre, piantala subito! Tu e le tue stupide battute! Dobbiamo fare la fusione!>>
<<Sei così impaziente di unirti al tuo Apollo?!>>
<<Smettila Pierre, Silvia ha ragione: non è il momento di scherzare!>> Reika era intervenuta per bloccare sul nascere l’imminente bufera, infatti, la vena sulla fronte di Silvia pulsava violentemente e Apollo sembrava soffrire di un tic nervoso all’angolo destro della bocca.
<<A quanto pare non sono apprezzato…Concentrazione…>> sbuffò Pierre,
<<Fusione>> continuò Reika,
<<Go Aquarion!>> gridarono all’unisono Silvia e Apollo.
Il Solar Aquarion prese forma e cominciò subito a sferrare colpi al vento, poi cadendo sotto uno azzeccato del soldato cherubin tra le urla dei quattro piloti.

<<Apollo, ti sei fatto male?>> chiese Silvia, mentre facevano rialzare il gigante.
<<Non molto>>
<<Andiamo?>>
<<Sì… Pierre, mi servirà il tuo potere.>>
<<Conta pure su di me>> rispose il calciatore facendo l’occhiolino.
<<Pronti…>> disse Apollo <<FIRE PUNCH!>>
- Nuova registrazione: Fire Punch, Pugno infuocato del Sole -

Il pugno incandescente trapassò la sfera del soldato cherubin da parte a parte: sciogliendola gli altri pezzi sprofondarono in frammenti fino al fondo del Lago Erie.
Ore 22:22 : la fusione venne annullata e i vectors rientrarono alla Deava.


CAPITOLO 3: Sinceramente ho sempre guardato i fiori

Durante il viaggio Apollo prese a parlare con Silvia, anche se la sua voce diventava via via più ansimante per il dolore: <<Ce l’abbiamo fatta anche stavolta>>
<<Sì, ma ora devi farti curare dai dottori, io non sono più in grado di aiutarti.>>
<<Non voglio! Mi tratterebbero come una cavia!>>
<<Sai che non è vero: i medici della Deava non sono come quelli dell’esercito! E poi stai perdendo troppo sangue non posso mica farti un trasfusione!>>
<<Sì, però…>>
Silvia allora afferro la mano destra di Apollo con la sua: <<Non ti lascerò solo… prometto di non lasciare la tua mano qualsiasi cosa accada!>>
<<Silvia…>> Apollo abbassò la testa cercando le parole giuste, ma a volte la semplicità è la soluzione di tutto, quindi concluse <<…grazie>>.
Arrossirono entrambi e sfuggirono allo sguardo dell’altro finché non scesero dal Vector Sol; Silvia stringeva forte quella mano, mentre s’incamminavano verso l’infermeria in silenzio.
Dovettero spiegare il perché di quelle ferite, ma cercarono di non scendere nei dettagli per evitare un eventuale interessamento dell’ospedale militare al caso. Silvia continuò a mantenere la promessa e anche quando i dottori dovettero medicare Apollo non ci fu verso di farle mollare la presa.

Apollo si risvegliò dall’anestesia intorno alle 23 e un quarto.
<<Come ti senti?>> chiese Silvia lasciando trasparire un tono di dolcezza tra le parole.
<<Sono un po’ stanco, la schiena va già molto meglio>>, Apollo con la coda dell’occhio guardò le loro mani ancora unite, non sentiva neanche il bisogno di chiederle se si era allontanata mentre era stato sotto anestesia, dunque continuò <<Se non ti dispiace mi rimetto a dormire.>>
<<Non preoccuparti>>
Lui chiuse gli occhi e si abbandonò al cullare di quel profumo nostalgico che invadeva l’aria accompagnandolo fino al mondo dei sogni.

Intanto che lui s’addormentava sul ponte di comando quattro figure analizzavano l’avvenimento per dargli più o meno rilievo.Gerome parlava balbettando alla ricerca di una spiegazione trascrivibile in numeri e chimica:
<<Sembrano tracce d’ali, ma possiamo fidarci di loro? E se ci avessero mentito su tutto quanto? E se si fosse solo ferito quando è andato nella foresta?>>
<<Apollo e Silvia non sono dei bugiardi! Sono dei bravi ragazzi e questo lo sa molto bene, vice comandante!>> lo riprese la signorina Sofia con quel suo tono armonioso ma autorevole, come una madre che protegge i propri figli.
<<In ogni modo>> riprese Gerome ricomponendosi <<serviranno delle analisi accurate.>>
<<E per che cosa?>> la voce di Fudo intonava dalla poltrona in penombra come il resto della stanza <<Per scoprire quello che sappiamo già? Sarebbe solo tempo sprecato!>>
<<Colui che si strappò le ali>> Reina citava le parole del famoso libro <<… colui che si strappò le ali per salvare la sua amata…>>
<<Esattamente>> Fudo si alzò in piedi stringendo un pugno davanti a sé <<Apollonius si strappò le ali, lo dice chiaramente il Libro dell’alta Genesi. Ha bisogno di altre conferme, Gerome?>>
Il vice comandante rimase in silenzio.


Lentamente l’orologio dell’infermeria era arrivato a segnare l’una e mezzo di notte e Silvia sbadigliava, tenendo a stento gli occhi aperti dato che impiegava tutte le sue energie nello stringere quella mano.
La battaglia aveva sfiancato anche lei e probabilmente sarebbe crollata da un momento all’altro e, altrettanto probabilmente, nel sonno avrebbe lasciato la presa. Voleva resistere, ma non ce la faceva più.
Si guardò intorno in cerca di qualche rimedio al problema e allora vide un pezzo di benda rimasto sul comodino.
Era sufficiente a legare le loro mani insieme, e così fece; quindi appoggiò la testa sul letto sussurrando: <<È una promessa…>>
...
L’alba entro furtivamente nella stanza tra le tende che oscuravano le finestre per due terzi; la luce accarezzò i due ragazzi come se volesse svegliarli dolcemente, Apollo avendola sul viso si svegliò per primo.
Fece per stropicciarsi gli occhi, ma si accorse che la sua mano destra era stata legata, spostò lentamente la vista su questa trovandola fasciata stretta ad un’altra. Gli occhi ora risalivano lungo quel braccio sconosciuto fino ad inquadrata il volto addormentato di una ragazza.
Apollo sorrise; Silvia aveva mantenuto la promessa, ora dormiva tranquilla accanto a lui intanto che il sole sorgeva di nuovo illuminandola un poco alla volta fino a destarla con uguale dolcezza.
Il ragazzo l’osservava scuotere il capo, frastornata, e poi ricordarsi tutto d’un colpo cos’era successo e controllava che la fascia non si fosse slegata.
<<Siamo ancora insieme>> la rassicurò Apollo; così facendo trascinò tutta l’attenzione di Silvia su se stesso.
Lei non sapeva se piangere o ridere e nell’indecisione scelse per un: <<Sì>>.
<<Aiutami ad alzarmi, voglio andare in un posto>>
<<Sei sicuro?>>
<<Se no te l’avrei chiesto?>>

Non fece in tempo ad alzarsi che Fudo avanzò imponente nella stanza attraverso la porta automatica:
<<Non ho intenzione di fermarti, ti chiedo solo di venire tra un quarto d'ora sul ponte di comando>>
<<L'accontento ma... perchè dovrei venire?>>
<<È solo per una formalità: dobbiamo comunicare ufficialmente che abbiamo trovato Ali del Sole.>>

Per un attimo gli occhi del ragazzo e del comandante si fissarono con una tale intensità che sembravano parlarsi; finché Fudo girò i tacchi e uscì.
Adesso Silvia lo guardava preoccupata e ansiosa sperando di poterlo aiutare in qualche modo, ma questi sentimenti erano mischiati ad altri: dentro di sè aveva sempre sperato che fosse lui il suo Apollonius.
Apollo riprese a parlare: <<A questo punto è meglio se ci andiamo dopo, comunque devo prepararmi, dammi una mano.>>

Dopo dieci minuti camminavano per il corridoio, ancora legati, senza fiatare. La porta si aprì e comparvero sul ponte di comando accanto alla dottoressa Sofia, mentre Fudo, Gerome e tutti gli elements erano seduti ai loro posti: la stanza era invasa da bisbigli.
Il comandante si alzò in piedi di fronte alla scrivania e Silvia, che stava poco dietro ad Apollo perchè avevano legate le mani destre, sentì il ragazzo tirare u respiro profondo.

<<Questa è una comunicazione ufficiale a tutta la Deava>> l'uomo parlava con una voce decisa, anche più del solito <<Apollo... è la reincarnazione di Ali del Sole>>

Sui volti degli elements della prima squadra la sorpresa era quasi impercettibile, al contrario quelli della seconda e vari addetti rimasero di sasso. La stanza ora si era fatta silenziosa; Apollo rimase lì in piedi con lo sguardo fisso, irraggiungibile a chiunque tanto che non sentiva neppure Silvia stretta intorno al suo braccio e ancora per qualche minuto fu scrutato dalla folla indiscreta: tra le matricole si muoveva quasi il terrore quando cercavano di spiare quegli occhi dorati, terribili.
Poi lentamente Apollo uscì trascinandosi dietro Silvia e, prima ancora che la porta scorresse alle loro spalle, udirono un crescendo di parlottare. Lei attendeva un cenno o una parola ancora aggrappata a quel braccio.
Apollo tirò un sospiro di sollievo: <<Ora possiamo andare, ma è meglio se ci sleghiamo le mani: dobbiamo passare dalla foresta.>>
<<Ah... va bene>> Silvia disfece il nodo e si mise intasca la benda. Fece fatica a lasciare la presa, forse per lei non era più una semplice promessa.

Piano piano si trovarono ad attraversare la foresta - o meglio "fare un percorso ad ostacoli"- aiutandosi l'un l'altro: Apollo sapeva la strada ed era più pratico, Silvia lo aiutava se la schiena gli faceva male.
In tanto la foresta andava diradandosi fino a raggiungere lo spiazzo dove c'era la sorgente circondata da un prato verde che risplendeva sotto i raggi del sole simile all'acqua limpida che scintillava tra le rocce.
Apollo senza pensarci due volte si tolse la maglia e Silvia divenne rossa come un peperone: <<Ma cosa stai facendo!?>>
<<Il bagno>> rispose lui candidamente.
<<Aaaaah!>> Silvia si giro di scatto, ma lui infilò dentro una vasca naturale con i pantaloni addosso.
<<Che hai? Non sono mica nudo!>>

Lei si rigirò con cautela e vedendo che aveva i pantaloni tornò tranquilla e si sedette per terra.
Passarono così almeno una mezz’oretta accompagnati dal suono dell'acqua che sgorgava e rinfrescava quei "segni di ali".
Silvia si era distesa sull'erba e seguiva le nuvole di panna con lo sguardo giocandoci. Apollo ancora fradicio si mise seduto accanto a lei imitandola col viso rivolto al cielo.
Nei suoi occhi s'annidava un'ombra triste ed un senso di vuoto, sembrava che il vento oltre alle nuvole stesse trascinando via anche la sua anima. Silvia, forse percependo tutto questo, si voltò verso di lui appoggiando la guancia sinistra sull'erba fresca: <<Che cosa c'è?>>
<<Pensavo a quanto sarebbe bello volare...>>
<<Ma, Apollo... avevi detto che anche senza poter volare saresti stato in grado di realizzare i tuoi sogni, e adesso... perchè hai cambiato idea?>>
<<No, l'ho detto e ci credo ancora, ma non posso dire che ora sia la stessa cosa. Ora so che una volta potevo volare ed è come essermi accorto che mi manca qualcosa e non poterci far niente...>>
<<Se io non ti avessi mai incontrato, tu avresti ancora le tue ali...>>
<<Sei una stupida! Se ho scelto così nella mia vita precedente, vuol dire che ne valeva la pena! E quindi vivrò senza rimpianti anche in questa vita!>>

Detto questo si distese continuando a guardare il cielo, poi improvvisamente sorrise e riprese a parlare:
<<Ricordi quello che disse Fudo?>> si girò di fianco verso di lei <<Qualcosa tipo: "Chi guarda le stelle del cielo, non si accorge dei fiori che crescono sulla terra". Sinceramente ho sempre guardato i fiori; non vedo perchè dovrei cambiare!>>

Sorrise di nuovo e si ributtò di schiena; Silvia gli s'avvicinò appoggiando la testa sul petto di lui che le avvolse le spalle con un braccio. Apollo guardò un'ultima volta verso l'alto prima di chiudere gli occhi ed addormentarsi così, insieme, sotto il caldo sole di mezzogiorno.


Fine