Lips

martedì 21 settembre 2010

L'angelo e l'eroe - Trilogia

LIBRO PRIMO
Un vero bacio

Siamo sulla Going Merry. Sanji, Usop e Nami si trovano dinnanzi al Supremo.
<<Vediamo un po’ chi vuol essere il primo…>> lo sguardo di Eneru li squadra uno per uno e si ferma su Nami <<…giusto, prima le donne!>>
<<Non azzardarti a toccare Nami!>> Sanji si avventa su Eneru con un calcio.
<<Sanji, no! Non provocarlo!>>
<<Nami ha ragione!>> dice Usop, poi rivolgendosi al Supremo <<Gradisce del tè signore?>>
Eneru lo ignora <<Insolente! Se volevi morire non avevi che da chiedere>>
<<Non credere di vincere!>> Sanji prende la rincorsa e colpisce Eneru in pieno volto. Eneru gli afferra la gamba <<Buon tentativo>>. Una scarica elettrica parte dalla mano del Supremo e avvolge Sanji in una morsa d'energia tanto crudele quanto maestosa. Il suo corpo cade a terra, l’anima in bilico tra vita e morte.
<<Credo di essermi divertito abbastanza, il tè un’altra volta>> con queste parole il Supremo scompare in un lampo di luce azzurra. Nami e Usop si gettano accanto al ragazzo.
<<Che vigliacco! Sanji puoi sentirmi? Sanji, Sanji…>> Usop chiama più volte l’amico ma invano.
<<È inutile Usop. Non può sentirti. Aiutami a portarlo dentro>>
È già passato un giorno, ma Sanji non accenna a svegliarsi. Giace nel letto, dorme e per quanto quel sonno può essere profondo; niente riesce sottrarlo dal bruciare di quelle numerose ferite che un solo colpo era stato capace di infliggergli.
Accanto a quel letto... Nami seduta su uno sgabello a tre gambe. Con cura estrema cambia le bende all’eroe sconfitto. Le toglie piano, piano scoprendo un torace arso e dolorante. Prende, da sopra il comodino, un asciugamano umido e bagna, sfiorandole appena, le ferite. Inizia a mettere le fasciature nuove intorno all’addome. Si muove lentamente nella paura di scorgere una smorfia di dolore sul volto di Sanji.
Ecco che Usop apre la porta con un vassoio sulla mano destra:
<<Vuoi delle polpette di riso? Le ho preparate io>>
<<No, grazie>>
<<Guarda che so cucinare anch’io, cosa credi!>>
<<No, no, ti credo. Scommetto che sono buone, è che non ho fame>>
<<Ma se non mangi niente da un giorno!>> Usop però non insiste più di tanto, forse ha intuito qualcosa che la stessa Nami si rifiuta di accettare <<Ah... se cambi idea chiamami>> dice chiudendosi la porta alle spalle.
Nami ripiomba in quella pacata angoscia, così come la stanza era tornata buia con il chiudersi della porta. Gli innumerevoli tentativi di Sanji per conquistarla, i suoi modi gentili, gli appellativi zuccherosi riaffiorano alla mente.
La mano destra s’infila tra il caldo letto e la sofferente schiena di Sanji, afferra la benda, torna indietro… la mano sinistra passa la benda sul torace e la destra l’afferra nuovamente… e a ogni giro corrisponde un ricordo.
Quel ragazzo la circondava sempre di attenzioni e complimenti… lei invece accennava al massimo un grazie. Ora però era tutto diverso… ora che Sanji è lì svenuto, ora che lotta contro il dolore, ora che il suo corpo è tutto una ferita; quei complimenti, quelle attenzioni, quei gesti, quelle parole sembrano tanto importanti.
La benda viene lasciata cadere, si srotola fino a toccare il pavimento; Nami si alza. Lo sgabello, spostandosi, fa attrito con il pavimento, producendo un lieve suono. Quelle mani adesso poggiano sul cuscino ai lati della testa del ragazzo. Il volto di Nami si avvicina sempre più a quello di Sanji; gli occhi di lei si chiudono. Lo bacia. Un bacio non ricambiato, perché lui non è cosciente… perché lui non può sentirlo.
Nel turbinio dei ricordi, dei sentimenti, delle angosce e delle speranze; Nami non riesce a girare neanche una volta la benda, che si addormenta: la testa appoggiata sul letto rivolta verso la faccia del biondo, il braccio sinistro disteso sul petto di Sanji e nella mano destra stringe ancora la benda.
Usop arriva per augurarle la buonanotte, ma avendola trovata già addormentata si dirige sottocoperta.
Il mattino seguente il mare era piatto e il cielo di un azzurro intenso… e quel mattino Sanji si svegliò. Nami dormiva ancora e la sua presenza sembrava placare il dolore.
Il primo pensiero che gli attraversò la mente fu “Quanto è bella, mentre dorme” e con gli occhi la contemplava come fosse un angelo.
Vide che stringeva la benda e capì che si era occupata di lui per tutto il tempo; anche se lui non aveva la minima idea di quanto era stato quel tempo.
Rimase a guardarla per diversi minuti…dieci, venti, forse trenta, non lo sapeva neanche quanto tempo sarebbe stato in grado di guardarla; poi tentò di raggiungere con la sua mano quella di lei… l’afferrò: <<Nami, Nami… svegliati…>>. Lei si mosse e scosse la testa per svegliarsi, chi l’aveva chiamata? Quella non era la voce di Usop, allora… era stato il tipo con i capelli biondi.
<<Sanji!>> Nami si gettò al collo del ragazzo dimenticandosi che lui era ferito. Si risollevò un poco e il suo viso si trovò sopra pochi centimetri da quello di Sanji; questa volta era diverso lui era cosciente, lui la sentiva.
Sanji le cinse la vita con le braccia ancora dolenti. Nami, a sua volta, gli contornò il viso con le mani, le punte delle dita tra quei capelli biondi.
Si baciarono.
Non un bacio triste, non un bacio non ricambiato, non un bacio non percepito.
Quello era un vero bacio.
Fine primo libro.
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LIBRO SECONDO
Tra poco avrai davvero paura

Sanji si è risvegliato. Mezzo addormentato si tira su facendo leva sulle braccia. Con lo sguardo cerca Nami, ma nella stanza c’è solo Usop che sonnecchia dondolando la testa quasi a ritmo.
Sanji prende il pacchetto di sigarette dal comodino, si alza ed esce a cercarla. Cammina lentamente. Cerca sul ponte, in cucina, sottocoperta, nella cambusa… alla fine sale all’agrumeto, ma Nami non è neppure lì. Dopo tutto quello che era successo, dopo quel bacio, il suo stupido corpo malandato lo aveva ritrascinato nel mondo dei sogni! … Chissà quanto aveva dormito. Per lui è certa una sola cosa: deve rivederla. Dov’è il suo angelo?
Sanji si accende una sigaretta e butta la testa all’indietro. Ciò che gli si para davanti a gli occhi è uno spettacolo inverosimile. La sigaretta gli cade di bocca.
Una gigantesca imbarcazione fluttua nel cielo, ma non è tanto per questa che Sanji rimane allibito, bensì per una cosa minuscola rispetto a quella nave, per una figura piccola e gracile che si affaccia dal ponte. Perché su quella nave c’è Nami.
Sanji si precipita giù per le scale, sbatte la porta della camera, Usop sobbalza:
<<Che c’è?>> dice prima di fare un enorme sbadiglio che sembra dire “se mi addormento non mi svegliate manco con le cannonate”, poi si riprende un poco:
<<Vedo che stai meglio>> … altro sbadiglio.
<<Presto, dobbiamo sbrigarci!>>
Sanji afferra una camicia e se la infila in fretta avviandosi verso la porta.
<<Dov’è che andiamo?>>
<<A salvare Nami… e muoviti!>>
Sanji prende Usop per un braccio e lo trascina fuori. Gli indica il cielo, Usop lo segue con lo sguardo e, alla vista dell’arca, sviene.

In poco tempo i due sono all’inseguimento della nave.
<<Ma perché devo venire anch’io? Non ti ricordi più cosa ti ha fatto il Supremo?>> dice Usop affannato più dalla paura che dalla fatica.
<<Non l’ho dimenticato, ma non m’importa! E tu vieni con me, hai ancora quella cintura col gancio?>>
<<Cosa vuoi farci?>>
Nel frattempo Nami si prepara a combattere contro il Supremo, vuole ancora solcare i sette mari, seguire la grande rotta, realizzare il suo sogno, vuole tornare dai suoi amici, vuole tornare da Sanji… non può morire, non ora che ha capito quali sono i suoi veri sentimenti per quel biondo dongiovanni, non ora che ha capito.
<<Peccato, peccato davvero. Avresti potuto seguirmi e vedere la grandezza del mio regno, ma se non vuoi venire allora sprofonderai con tutti gli altri e non contare troppo sull’aiuto di quei due, non riusciranno a salvarti neanche pagando con la vita… poveri stolti!>>
Eneru sfocia in una fragorosa risata. Nami non riesce a capacitarsi. Nessuno dei suoi compagni aveva forze sufficienti per arrivare fin lassù. “Chi saranno?”
Dopo tanta fatica Sanji e Usop sono saliti a bordo.
<<Bene, una volta entrati ci divideremo e raggiungeremo il ponte, Nami dovrebbe trovarsi lì.>>
<<Ma sei impazzito!>>
<<Non capisci! Se non ci dividiamo nessuno dei due avrà la possibilità di salvarla!>>
<<Vorresti dire che uno di noi è destinato a… a…>> c’è silenzio, Usop non ce la fa a finire la frase, ma deve impedire che il suo amico compia una follia <<Hai intenzione di sacrificarti!>>
<<Tu non puoi capire!>> …
Sanji gli si avvicina e gli appoggia le mani sulle spalle…
<<…preferisco morire che vivere senza di lei… questo è un sacrificio d’amore!>>
Usop resta ammutolito, sa bene che non riuscirebbe a dissuaderlo, testardo com’è! Si avvia nella direzione opposta all’amico, il tempo di un “buona fortuna” e poi ognuno per conto suo.
Nell’arca non c’è nessuno, è tutto automatizzato: sia Sanji che Usop si soffermano ad guardare i macchinari…
Nami si difende come può dagli attacchi di Eneru. Le cariche elettriche si susseguono l’une alle altre, ormai è la fine sta per essere colpita.
La porta a sinistra del trono si spalanca. Un oggetto sferico si avvicina speditamente al Supremo. È una bomba, esplode. Una nuvola di fumo annebbia la vista, ma quando si dilegua appare…
<<Usop!>> lo chiama Nami sorpresa dalla sua comparsa.
<<Ehi, Nami, dov’è Sanji?>>
<<C’è anche lui?>> il cuore di Nami è colmo di gioia: Sanji sta bene!
<<Non resta che unire le forze; spero che Sanji arrivi presto>>
Nonostante ora siano in due contro uno, il Supremo continua ad avere lo stesso vantaggio. Nami e Usop si riparano dietro un marchingegno e scorgono il wayver; è la loro unica possibilità per salvarsi.
<<Nami tu prendi il wayver, io ti copro le spalle, poi salto su quando ti lanci>>Usop si scaglia su Eneru, ma quando Nami fa per afferrargli la mano, perché è a terra quasi privo di forze, il Supremo gliela colpisce con un bastone e si appresta a darli il colpo finale…
Sanji arriva come dal nulla e con un calcio butta Usop sul wayver. I due si lanciano nel vuoto.
Nami stenta a trattenere le lacrime <<Non possiamo lasciarlo qui!>>
<<È stata la sua scelta>>
L’attacco investe Sanji e alle vecchie ferite se ne aggiungono altre.
<<Vorrei dirti due cose>> Sanji è allo stremo, ma si tiene in piedi <<la prima: grazie per avermi permesso di fumare quest’ultima sigaretta, non avevo da accendere…>>
Eneru lo guarda come a dire “ti ascolto perché non ho altro da fare”:
<< E la seconda?>>
Sul volto di Sanji si delinea un sorriso:
<<Tra poco avrai davvero paura>>
Cade a terra; nella mente si affollano i pensieri: ce l’ha fatta, ha salvato Nami e forse anche Skypiea.

Ogni eroe deve uscire in grande stile, ogni eroe deve uscire di scena per salvare un angelo.

Un rumore metallico e subito dopo un boato. Le eliche dell’Arca Maxim si fermano…
<<Cos’hai fatto alla mia arca!>>
Eneru sprofonda nel terrore: “Battuto un essere umano privo di qualsiasi potere”. L’arca precipita. L’energia elettrica contenuta da essa esplode in una miriade di fulmini che si riversano sul Supremo.
Avreste mai pensato che il dio del tuono potesse morire di sovraccarico?
Mentre accadeva tutto ciò Rubber, finalmente libero dall’enorme palla d’oro, trova Usop e Nami. Lei è seduta per terra, le sue mani stringono forte le gambe, è sconvolta:
<<Perché?>> riesce appena a sussurrare.
Usop non può rinnegarle la verità: <<Senti Nami, credo che tu debba sapere. Sanji aveva deciso, fin dall’inizio, che si sarebbe sacrificato se ce ne fosse stato bisogno.>>
<<Vorresti dire che… che si è… che si è sacrificato per me…>>
<<Scusate ma quella cosa sta per caderci addosso?>> li interrompe Rubber che continua a fissare il cielo con aria interrogativa.
<<Quale cosa?>> Usop volge lo sguardo in alto…<<Aaaah! L’arca sta precipitando!>>
Non ha ancora finito la frase che sono già tutti sul wayver e si allontanano più che possono.
L’arca si sfracella al suolo: un ammasso di detriti, legno e oro in una nebbia di polveri e scariche elettriche di minuto voltaggio. I tre aspettano che torni un minimo di visibilità per addentrarsi tra le macerie.
Nami cerca disperatamente Sanji e spera che stia bene, o almeno che sia vivo. L’idea di non poter più udire la sua voce la terrorizza, è come un brivido freddo lungo la schiena.
<<Ehi! Qui c’è qualcuno!>> grida Rubber, Nami e Usop si affrettano a raggiungerlo.
La pelle è bianca, piena di graffi e lividi, come un campo innevato che si scioglie qua e là scoprendo il terreno fangoso. Quel corpo è immobile, non si sente né il sussurro di un respiro né un palpito del cuore.
Quel cadavere è Eneru. Skypiea è salva.
Dopo un secondo di sollievo nel vedere che quel cadavere non è Sanji, l’angoscia torna ad assalire Nami: “Eneru è morto. Se è morto lui, forse… no! Sanji è vivo, lo sento! È qui da qualche parte, tra le macerie… devo solo trovarlo… devo solo…trovarlo…”
Migliaia di lacrime cadono a bagnare il terreno sconnesso come stelle cadenti, offuscando ancora di più gli occhi di Nami. Ormai si sposta a tentoni inciampando ad ogni passo, in quel buio che ora più che mai rispecchia la sua anima.

Sarà da più di due ore che cerca; chissà forse sta girando in tondo, ma come fare a saperlo; sente i passi di Rubber e anche quelli di Usop. Inciampa di nuovo, ma questa volta non sente sotto di sé né pietra, né legno, né oro, né la terra. Sente un tepore scaturito da qualcosa che si muove, che reagisce all’impatto. Lei si sposta a fianco di questo “qualcosa” , intontita, si asciuga le lacrime e cerca di mettere a fuoco per quanto le sia possibile.
Deve essere un’allucinazione, un’utopia. Non riesce a crederci, che sia un inganno della stanchezza, eppure lo vede, lo percepisce, può distinguere ogni battito del suo cuore.
<<Sanji!>>
Lui le accenna un sorriso, anche se è più simile a una smorfia di dolore. Nami piange ma quelle sono lacrime di gioia. Con tutta la cautela lo solleva e gli fa appoggiare la testa sulle gambe. Gli accarezza il volto e lui trae sollievo da ognuna di quelle carezze, ogni volta che la mano di lei lo sfiora. Quel sentimento che prova per lei copre il dolore per quanto intenso sia.
I passi di Rubber e Usop si fanno udire sempre più vicini, ma che importanza ha?
<<Sono contento>> sussurra a stento <<sono riuscito a salvarti.>>
<<Non posso credere che tu abbia fatto una simile sciocchezza, potevi morire!>> lo rimprovera lei.
<<Non dire assurdità, sai bene perché l’ho fatto.>>
<<No, non lo so! Dimmelo tu!>>
Sanji tace: “Possibile sia così difficile… ho rischiato la vita e ora non riesco a dire due sole parole…”
<<Rispondimi! Perché l’hai fatto? Perché hai voluto salvarmi?>>
<<Perché ti amo>>
Silenzio. Nami è rimasta spiazzata da quelle parole, le aveva così desiderate che non le sembrava vero. Sanji le mette dolcemente la mano sinistra sulla guancia e Nami poggia la sua su quella di lui stringendola un poco.
<<Sei uno Stupido>>
<<No, sono pazzo di te>>
Queste parole, aggiunte al “ti amo” e alla sua mano da cuoco che si muoveva sulla guancia quasi impercettibilmente, suonavano all’unisono come un solo desiderio… erano come dire “Baciami”.
Nami se lo stringe a sé e Sanji fa lo stesso per quante energie gli siano rimaste.
Accade l’inevitabile…
…si baciano.
Fine secondo libro.
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LIBRO TERZO
Il ritorno dell’eroe

Le coperte tengono al caldo il nostro eroe. Sta per destarsi da un sonno durato cento anni. Gli occhi gli si aprono a fatica e la luce della stanza lo acceca. Ciò lo costringe a stropicciarsi gli occhi con le mani per potersi svegliare del tutto. Barcollando appoggia le piante dei piedi sul pavimento.
Tenta di alzarsi ma è ancora troppo frastornato, così si lascia crollare a sedere sul letto disfatto.
Guarda il suo corpo, scorrendo la mano destra sul torace si accorge di essere bendato quanto una mummia.

Di solito nelle fiabe ci si sveglia perché si è ricevuto un bacio… ma questo non è il nostro caso.

“È la terza volta che mi sveglio in questo letto, e la seconda che lei non c’è…”
Clack… la porta si apre cigolando. Controluce prende forma la sagoma di una donna che senza dubbio indossa un cappello da cowboy.
<<Ti sei svegliato finalmente>> dice Nico Robin facendo per chiudere la porta.
Sanji alza lo sguardo su di lei ma resta zitto. Con un gran fracasso irrompono nella camera Rubber, Zoro, Usop e Chopper. Quest’ultimo si precipita a controllare battito cardiaco, fasciature, temperatura, chiedendo un milione di volte <<Stai bene?>>, <<Ti fa male qui?>>,<<E qui?>>.
<<Chopper sto bene, sul serio!>> gli dice Sanji un po’ seccato da tutte quelle premure.
Al contrario Zoro, che si era appoggiato alla parete poco distante da Robin, non perde tempo a provocarlo:
<<Ti sei deciso a svegliarti bell’addormentata!>>
<<Prova a ripeterlo!>>
<<Bell’addormentata!>>
<<Sei solo invidioso che sia stato io a sconfigger Eneru!>>
<<Io invidioso di te? Manco morto!>>
Nico Robin si vede costretta a intervenire per fermare la lite; dal muro compare un suo braccio che sferra un cazzotto sulla testa di Zoro.
<<Ahia! Mi hai fatto male!>>
Nel frattempo Rubber si è arrampicato sul letto e ora scruta Sanji come se fosse un alieno, spostandoglisi intorno con movimenti alquanto scimmieschi. Poi si siede per terra a gambe incrociate, proprio davanti a Sanji pronto a pronunciare la sua frase più ricorrente:
<<Ho fame>>.
Questa volta, oltre a Robin, partecipano anche gli altri a un cazzotto di gruppo sulla testa di Rubber che si mette a sbraitare. Usop si avvicina a Sanji, incurante delle urla:
<<Senti>> gli dice << come stanno le cose tra te e …>> una mano di Robin gli tappa la bocca, intanto che un altro centinaio buttano fuori lui e gli altri tre; un’altra chiude la porta.
<<Grazie. >> dice Sanji <<Non sono ancora abbastanza forte per sopportargli.>> e gli sfugge un sorriso.
<<Ti devo parlare>> risponde Robin con voce seria.
<<Di che cosa?>>
<<Di Nami, mi sembra ovvio.>>
<<Allora lo sai…>>
<<Usop e Rubber vi hanno visti quando vi baciavate tra le rovine… bè, Rubber non ha capito, ma Usop sì e logicamente lo ha detto a tutti.>>
<<Capisco… e Nami? Sta bene?>>
<<Giusto qui ti volevo, credo che tu abbia bisogno di un aggiornamento.>> segue una pausa di silenzio <<Vedi in queste tre settimane…>>
<<Tre settimane hai detto?! Ho dormito così tanto?!>>
<<Sì, e lei ti è stata vicino ogni giorno, anzi ogni secondo… Non dormiva, non mangiava, non sorrideva… Credimi non l’avevo mai vista così triste. Ha sofferto ogni santo giorno nella paura di perderti e si è retta in piedi nella speranza che tu ti svegliassi.>>
<<Come ho potuto! Come ho potuto farla soffrire così! Perché non mi sono svegliato prima! Lei non meritava tutto questo e io non merito lei…>>
<<Il punto è che lei si sente responsabile. Pensa sia colpa sua se tu hai rischiato la vita.>>
Adesso il silenzio si fa assordante. Sanji s’incammina verso la porta:
<<Dov’è Nami?>>
<<Sul ponte.>>

Sanji lascia la stanza senza dire altro. Scende le scale per raggiungere il ponte e i suoi passi echeggiano per via del legno. A prua, vicino alla polena-ariete, si delinea la figura nera di Nami contro la luce rossa del tramonto.
Sanji le si avvicina con una certa cautela, per paura che tutto quello che era successo loro fosse solo un sogno di quelle tre settimane; passo dopo passo si ferma a un metro e mezzo da lei.
Nami si gira verso di lui e quell’attimo si trasforma in un’eternità, i secondi in minuti.
Il vento le fa ondeggiare i capelli della stessa tonalità delle nuvole in quel tramonto; la luce le sfiora la pelle come una carezza; i suoi occhi brillano di lacrime simili a gocce di rugiada.
Intravede quel ciuffo biondo e, senza neanche mettere a fuoco l’immagine dell’eroe, si getta tra le braccia di lui stringendolo più forte che può. Sanji fa cadere le sue mani sulle spalle di lei. Intanto che lui le accarezza la pelle liscia delle spalle, nami ha la guancia appoggiata sulle ruvide bende di quel petto fasciato stretto. Trai singhiozzi comincia a parlargli:
<<Sanji… scusami, è… è tutta colpa mia… scusami… io…>>
<<Non dirlo nemmeno per scherzo!>> le risponde con fermezza scostandola per guardarla negli occhi. Quel loro sguardo è tanto intenso che entrambi stentano a sostenerlo.

È come se l’angelo volesse volare nell’azzurro degli occhi dell’eroe e l’eroe riposarsi dopo una battaglia nei caldi occhi castani dell’angelo.

<<È stata una mia scelta, nessuno mi ha obbligato a salvarti… Se ho rischiato la mia vita è solo perché non posso vivere senza la tua.>>
<<Non puoi immaginare quanto sia importante per me quello che hai detto…>>
Si abbracciano di nuovo, illuminati da quel tramonto che sembrava durare apposta per loro.
<<…Vorrei poter restare così per tutta l’eternità, promettimi che non dormirai mai più così a lungo.>>
<<E tu promettimi che ogni volta che mi sveglierò tu sarai lì.>>
<<Promesso.>>
<<Promesso.>>
<<Forse, a questo punto, è inutile che te lo dica, ma adesso so quanto è bello sentirselo dire e non posso privarti di una così stupenda emozione… Ti amo Sanji.>>
Si baciarono… e, se possibile, questo bacio è il più bello di tutti.
Il loro amore: non ci sono parole per descriverlo né sufficienti stelle per contarlo.
Il loro amore si perde nell’infinito.
Questa è la storia dell’angelo e l’eroe.

FINE

Inversione dei ruoli

La ciurma di Rubber “cappello di paglia” si sta scontrando in alto mare contro di quella di Silver “l’acciaio”. La battaglia si svolge sul ponte della nave di quest’ultimo, mentre a difesa della Going Merry sono rimasti Usop, Chopper e Nami.
Dal ponte di quella nave, grande quattro volte la Going, arrivano i suoni indistinti di spade, pugni e calci. È il caso di dire che il numero non dà la vittoria, perché i quattro pirati tengono testa al centinaio nemico senza lasciar trasparire segni di cedimento.
Fa al caso nostro il proverbio “il vino buono sta nella botte piccola”.
Solo pochi “fortunati, se gli vogliamo chiamare così, riescono a raggiungere la Going Merry e come benvenuto sono rispediti al mittente.
Al momento Chopper e Usop sono occupati con due brutti ceffi, mentre un terzo si appresta a misurarsi con Nami. È il braccio destro di Silver, dice; da entrambe le mani spuntano tre lame di metallo che scintillano minacciose sotto la luce del sole.
Quello che ha detto deve essere vero, di fatto Nami nota subito che è più forte delle altre mezzecartucce incontrate finora e stenta a difendersi. I colpi dell’avversario sono veloci e lei non ha il tempo di contrattaccare: basterebbe un tornado-tempo ad assicurarsi la vittoria.
Ormai è stata spinta fino al parapetto e le lame si avvicinano sempre più, fendendo l’aria quasi avesse una consistenza.
Un fendente le sfiora la guancia e un rigolo di sangue le scorre sino al collo, sta per essere colpita cosciente di non aver via di fuga.
Dal ponte della grande nave qualcuno ha scorto la scena e si precipita sulla Merry.
Sanji attraversa tutto il ponte, togliendosi di dosso la giacca, e butta Nami a terra, sferrando contemporaneamente un calcio nello stomaco all’uomo che si è permesso di scalfire una fanciulla.
Nonostante il calcio viene colpito da dietro prima che il derelitto stramazzi.
<<Tutto bene?>> trascurando, anzi nascondendo la ferita.
<<Sì, grazie. Non ti sei mica fatto male?>>
<<No>>
Si mette in fretta la giacca, si gira voltando le spalle a Nami, che ancora un po’ stordita lo guarda allontanarsi…
…plick…
…una goccia rossa cade da sotto la giacca del cuoco…
… macchia il legno in un cerchio perfetto.
Per quanto impercettibile, lei ode quel suono. Sanji sta già risalendo sull’altra nave per tornare a combattere. Nami si avvicina alla piccola macchia circolare… è sangue; non c’è dubbio.
Di sopra Sanji combatte con un gruppo di pirati bocodibuono: non fa fatica, ma ogni volta che si cimenta in una delle spettacolari trottole si appoggia sul solo braccio sinistro.
“Accidenti… mi si sta annebbiando la vista… forse ho perso troppo sangue… Non posso mollare adesso che la battaglia sta giungendo al termine… che figura ci farei!”
Un colpo sfugge alla sua vista e l’investisce facendolo sbattere contro una parete. La sua espressione fredda lascia per un attimo trasparire il dolore.
Nelle immagini confuse qualcuno si sta avvicinando facendosi spazio a suon di bastonate; trai selvaggi pirati si modella la sagoma curvilinea di Nami con il braccio steso verso di lui.
L’afferra e si tira in piedi. Ora combatto fianco a fianco; i nemici cadono gli uni sugli altri ammassandosi come in una partita di football americano.
Quando i due si ritrovano vicini alla balaustra, Nami lo conduce a forza giù sulla Going senza dargli il tempo di liberarsi.
<<Chopper!>> chiama frettolosamente <<Vieni con me!>>
Trascina entrambi su per le scale fino alla camera e sbatte la porta fragorosamente.
<<Sanji, togliti la giacca!>>
<<E perché dovrei farlo?>>
<<È un ordine!>>
<<Sai che se bella anche quando ti arrabbi…>>
<<Non fare il cretino!>>
Con prepotenza Nami gli sfila via la giacca di dosso… sia lei che Chopper restano impietriti…
La camicia azzurra, ridotta ad uno straccio, è grondante di sangue.
L’istinto da medico spinge un allarmato Chopper a prendere di corsa la valigetta del pronto soccorso dall’armadio. A questo punto Sanji non ha più modo di ribellarsi, non può negare l’evidenza: si è ferito e come!
Nami inghiottisce la saliva, si fa coraggio e protende le mani verso la camicia satura di rosso.
Se non fosse stato per non macchiare il pavimento, è probabile che le sarebbe cascata tra le dita guardando quella che era una tremenda ferita da taglio. Tre tagli netti e profondi si distendono obliquamente dall’angolo della spalla destra lungo tutta la scapola.
La piccola renna fa sdraiare Sanji sul letto a pancia in giù, pulisce la ferita e comincia a mettere i punti per ricucire le brecce incise sulla pelle del cuoco.
…tack… Stacca il filo e dopo avergli raccomandato di non muovere un solo muscolo torna a difendere la Merry.
Scorrono secondi d’inattaccabile silenzio… Sanji si alza e indossa nuovamente la giacca che avrebbe dovuto servire da copertura.
<<Ma non hai sentito cosa ha detto Chopper!?>> lo rimprovera Nami parandosi tra lui e la porta.
<<Ho sentito>> il suo tono è impassibile come se non potesse essere raggiunto da niente e da nessuno.
<<Allora va di nuovo a letto!>>
<<Posso combattere benissimo: mi sono trovato in situazioni peggiori>>
Nami resta senza parole, un vuoto nel cuore le fa percepire lo stato irraggiungibile in cui lui si è immerso, non concepisce l’idea di non poterlo smuovere in qualche modo e si lascia catturare dall’emozione che inavvertitamente cretta la maschera costruita con tanti sforzi e sacrifici:
<<Sì, ma non per colpa mia!>>
Gli occhi di Nami si gonfiano e le lacrime bussano incessantemente per uscire…
<<Se ti succede qualcosa ora, sarà soltanto colpa mia, lo capisci! Ti sei ferito al mio posto e io non potrei mai restare indifferente!>>.
Sanji mantiene almeno esteriormente la sua freddezza e le passa oltre:
<<Me la caverò.>>
La battaglia è finita: la ciurma vittoriosa di “Cappello di paglia” è riunita in cucina.
Hanno appena finito di cenare e dopo un brindisi di birra, vino e succhi di frutta ognuno si tiene occupato a modo suo: Rubber, Usop e Chopper giocano a rubamazzo - hanno preferito un gioco semplice altrimenti Rubber non avrebbe capito nulla – mezzi sbracati sul tavolo, Zoro dorme in bilico sulla sedia, Nami studia la rotta, Robin - come al solito – legge uno dei suoi libroni e Sanji lava i piatti nell’acquaio dando le spalle agli altri. A parte Nami e Chopper nessuno sa della ferita, e non sarà certo lui a dirglielo. Sta asciugando il primo piatto e fa per riporlo nella credenza alla sua destra, ma una fitta improvvisa lo frega e glielo fa cadere di mano. Il piatto va in mille pezzi…
La partita a carte s’interrompe, Zoro si sveglia, Nami alza lo sguardo dalle mappe nautiche, Robin dal libro. I loro sguardi sbigottiti trasfigurano quei volti in espressioni ebeti e si spostano più volte da un soggetto all’altro – Sanji, piatto rotto, piatto rotto, Sanji… - come se il collegamento trai due sia impossibile ed illogico.
Lui raccoglie i cocci, li butta nel cestino e incurante continua a lavare i piatti, però appoggia gli accanto all’acquaio.
Nami si alza di scatto: <<Chopper, Sanji venite con me>>.
<<Non posso prima finire la partita>> dice Chopper con voce supplichevole <<Sto vincendo>>.
<<No>> risponde Nami, e questo “no” secco non lascia via di scampo.
Sanji sa quello che lo aspetta, ma ubbidisce per non destare sospetti, anche se la sua faccia lo tradisce neanche avesse un cartello appeso al collo con scritto “voglio restare qui”.
Prima di chiudere la porta Nami si affaccia: <<Usop, finisci tu con i piatti, vero?>>.
<<Ma io…>> Usop non riesce a replicare, Nami è già scomparsa.
I tre arrivano nuovamente nella camera, lei chiude la fila ed entra per ultima:<<Forza…>>
…Sanji la ignora…
<<Lo so che hai capito>>
Allora sbuffando si toglie la giacca. La ferita è sporca e alcuni dei punti sono saltati.
<<Nami, per favore vai a prendere dell’acqua e un asciugamano>> Chopper assume il comando in funzione di medico di bordo e lei corre subito fuori.
<<Guarda come ti sei ridotto! Ti avevo detto di non muoverti!>>
<<Ho combattuto con ferite ben più gravi… quando ero al Baratie eravamo messi peggio… poi ad Arlong Park, Zoro combatté nonostante la recente battaglia con Occhi di falco, Rubber per poco non affogava e anche Usop se l’è vista brutta… poi Alabasta… questa ferita è un pizzicotto in confronto alle altre…>>
<<Ma ora è diverso! Lei ti ha visto! Ti ha visto mentre la proteggevi! Ti ha visto mentre facevi finta di niente! Ti ha visto quando quelle carogne ti hanno buttato contro la parete! Possibile che tu non capisca!>>
Nami rientra con l’acqua che sciaborda nella bacinella che regge tra le mani.
Sanji si siede senza opporre resistenza e si lascia curare. Lei gli lava la schiena, poi Chopper rimette i punti che erano saltati.
<<Io vado a finire la mia partita>>….. se ne va e li lascia soli.
…. Nami allunga le sue dita tremanti e le fa scorrere lungo i tagli…
<<Sanji, io…>>
Lui si alza e se ne va, senza una parola.
 
Passano le settimane e il comportamento dei due si fa sempre più insolito agli occhi della ciurma: sembra che si siano scambiati i ruoli. Nami non l’ha sgridato nemmeno una volta, lo circonda d’attenzioni e cerca di parlargli… ma prendendo in considerazione le teorie di un certo spadaccino “Le donne chi le capisce è bravo!”. Sanji invece cerca di evitarla, mantiene un atteggiamento impassibile… quindi o è rincretinito o è successo qualcosa. Questa volta escludiamo il parere dello spadaccino: Sanji non è affatto rincretinito, diamo buona la seconda.
È notte; Sanji sta tornando dalla cambusa, in mano una bottiglia di vino rosso. Il suo sguardo si perde lungo il ponte e quello che vede non gli piace per niente: Zoro sta abbracciando Nami.
Non può, non vuole crederci! Il suo stupido comportamento ha fatto cadere la persona che più ama tra le braccia di un altro.
Il sangue gli ribolle come fuoco nelle vene, la gelosia ha il sopravvento tramutandosi in un istinto feroce e incontrollabile: con tutta la forza che ha in corpo tira un calcio contro Zoro buttandolo a terra. Riprendendosi Zoro si mette a ridere e si rivolge a Nami:
<<Hai visto che ha funzionato!>>
Sanji brucia ancora di rabbia: <<Non provare mai più a toccarla!>>
<<Vedi, tu non volevi parlarle, lei mi ha chiesto di aiutarla e…>>

<<Io ti ammazzo!>>
<<Ma cosa hai capito! Ti ho soltanto teso questa trappola, tra me e Nami non c’è niente!>> vedendo che negli occhi di Sanji balugina l’idea dell’omicidio, Zoro si toglie di mezzo << Sarà meglio che me ne vada… vi lascio a discutere!>> e cammina beffardamente verso la cucina.
Nami, che finora era rimasta zitta, gli chiede con voce flebile: <<Sanji, posso vedere la ferita?>>
Sanji si siede a gambe incrociate e sfila il braccio destro dalla camicia; Nami gli s’inginocchia dietro. Ormai non è rimasta che una cicatrice: tre linee parallele quasi perfette di un colorito più chiaro della pelle, indelebili.
Nami dà un bacio su quei segni, poi vi appoggia dolcemente la guancia e passa il braccio sotto quello di lui per tenersi ben stretta a Sanji.
<<Mi dispiace… avrei dovuto farcela da sola…>>
<<Non devi scusarti, sapevo che sarei stato colpito…>>
<<Ma allora…>>
Sanji si volta verso di lei e le appoggia un dito sulle labbra:
<<Shhh… non fare domande di cui sai la risposta>>.
La stringe a sé più forte che può, tanto che sembrano diventare una cosa sola.
“Sembra un paradosso,
ma nell’amore due esseri
diventano uno, e tuttavia
restano due.
                  (E. Fromm),,

lunedì 20 settembre 2010

Amore, lacrime e fumo


Chopper stava eseguendo delle visite mediche alla ciurma, in quanto medico di bordo.
Nami era appena uscita dalla stanza aprendo la porta per uscire si trovo davanti Sanji che stava entrando per ultimo poiché aveva preparato il pranzo.
La ragazza si fermò davanti alla porta chiusa in modo da poter sentire le parole dei due... al termine della visita medica Chopper con voce seria e preoccupata si rivolse a Sanji: <<Le tue condizioni fisiche sono ottime ma...>>, <<Ma che cosa?>> chiese Sanji, Chopper riprese<<Ma rischi di ammalarti gravemente e forse morire se continui a fumare>> Sanji sapeva che non sarebbe stato facile smettere, il fumo era un brutto vizio che si portava dietro da tempo, e rimase fermo vicino alla parete a pensare mentre Chopper andava verso la porta.
Dietro la porta Nami si era come bloccata alle parole di Chopper ed era sul punto di piangere; <<Nami tutto bene?>> le chiese Chopper uscendo dalla stanza avendola vista in quello stato.
Una prima lacrima rigava il suo viso stravolto... <<Nami tutto bene?>> ripeté. Lei di scatto si asciugò la lacrima e con voce rassicurante  disse di sì, ma appena la piccola renna si fu allontanata, senza pensarci due volte, apri la porta... la stanza ora era buia e un raggio tagliente di luce che penetrava dalla finestra illuminava per metà il volto di Sanji... Nami corse verso di lui, lo abbracciò e scoppio in un pianto tanto silenzioso quanto triste e malinconico. <<Perchè piangi?>> gli domandò Sanji, confuso e imbarazzato allo stesso tempo. <<Ho sentito tutto>> rispose tra le lacrime sempre più numerose <<non voglio perderti>>chinò il capo cercando di asciugarsi con un fazzoletto che aveva in tasca. Sanji con una mano alzò il volto triste della ragazza e poggiò l'altra al muro; Nami rimase immobile tra la parete e il ragazzo aspettando che parlasse <<Metti la tua mano nella tasca destra della mia giacca>> lei ubbidì nonostante non comprendesse il motivo di questa strana richiesta <<quello è un pacchetto di sigarette ti dispiace gettarlo via per me?>> sempre più confusa lanciò le sigarette nell'angolo opposto della stanza. Ci fu un momento di silenzio, poi Sanji avvicinò le sue labbra a quelle di Nami e la baciò...era come se il tempo si fosse fermato per poter lasciare che quell'attimo sembrasse una vita...ogni pensiero estraneo cancellato...ogni rumore zittito...ogni movimento fermato.

giovedì 2 settembre 2010

Lo sguardo che uccide - fan fiction su Naruto

<<Hitachi! Hitachi è tornato!>>. Questo grido entrò nella camera dalla finestra. Sembrava che Hitachi avesse aspettato apposta quel momento, che avesse aspettato che suo fratello recuperasse le forze, pronto ad affrontarlo di nuovo.
Anche lui aveva aspettato quelle grida nella strada, quella era la sua seconda occasione e si era promesso di non sprecarla come la prima: avrebbe ottenuto la sua vendetta.
Le grida si moltiplicarono tra le vie della città e raggiunsero ogni singola casa. Il ritorno di Hitachi poteva nascondere un attacco al villaggio da parte dell’A.L.B.A., quindi era necessario tenere gli occhi aperti.
La breve la notizia entrò anche nella camera di Sakura: il sangue le si ghiacciò nelle vene.
Passò via per la strada: doveva assolutamente fermarlo; troppe volte aveva rischiato di perderlo per lasciarlo andare.
Sasuke correva verso il torrente, dove si diceva che fosse comparso il fratello, con un odio nel cuore che aumentava ad ogni passo. Lui rincorreva la sua vendetta e Sakura rincorreva lui.
Hitachi era lì, in piedi sul torrente, ad aspettare e non appena Sasuke lo vide saltò giù dal ponte.
Toccata l’acqua, i suoi occhi, come quelli del fratello, erano cambiati: erano diventati rossi per usare lo sharingan. Quello non sarebbe stato un combattimento come gli altri: nessuno si sarebbe mosso, nessuno avrebbe richiamato delle tecniche, forse nessuno avrebbe neppure parlato…
…si sarebbero soltanto guardati a morte.
Gli sguardi s’incrociarono e tutto ebbe inizio; la tecnica della luna insanguinata avrebbe decretato un unico vincitore, si trattava di vedere chi crollava per primo.
Sakura gli aveva raggiunti e si lanciava anche lei nel torrente. Come loro, usò il chakra e rimase quindi in ginocchio sul pelo dell’acqua. Sembrava che neanche se ne fossero accorti, nonostante lei si fosse fermata proprio accanto a Sasuke. Fece per alzarsi in piedi e, come calamitati, i suoi occhi ricaddero su quelli di Hitachi là, pochi metri avanti. Fu subito catturata da quel mondo parallelo dell’illusione: la luna era rossa, il cielo, le nuvole scorrevano veloci, i ricordi più terribili pulsano nella mente, e poi… il dolore…
<<Aaahaah!>>.
L’urlo di Sakura riportò Sasuke alla realtà, scosso da un brivido.
Era ancora in tempo: afferrò la ragazza e la portò sulla riva scoscesa del fiume. Sarebbe bastato un attimo in più e Sakura sarebbe rimasta vittima di quella terribile luna.
Sasuke era fermo su un fianco di Sakura e le teneva ancora un braccio attorno alla vita. Avendo lo sharingan pronto all’attacco, restava con il volto di lato a quello di lei perché non lo guardasse negli occhi.
Sakura non aveva ben chiaro quello che era successo, ma stargli così vicino la imbarazzava e voleva spostarsi, ma lui avvicinò un po’ la bocca all’orecchio della ragazza:
<<Non guardarmi>> quelle parole pungevano, come spine, il cuore di Sakura <<non guardare né me né mio fratello>>.
Sasuke si staccò bruscamente da lei e riprese il combattimento mortale con Hitachi, che adesso gli rivolgeva la parola:
<<Ma guarda... teniamo molto a qualcuno, eh?>>.
<<Non fraintendere, l’ho fatto solo perché nessuno s’intromettesse. Questo scontro riguarda solo noi due, Hitachi… Questa è la MIA vendetta!>>
Dunque la lotta silenziosa si fece più intensa di prima.
Intanto nel boschetto che alle spalle di Hitachi costeggiava il fiume, un’ombra si muoveva osservando silenziosamente la scena.
Sakura era rimasta sulla riva sconvolta da quelle parole che ora le risuonavano in testa come un eco. Benché ne avesse compreso il motivo, non poteva fare a meno di sentirle come una ferita e immersa in questi pensieri era scivolata fino alla base di cemento che arginava l’acqua. Alle orecchie le arrivò un sussulto e poi un grido, con suo grande sollievo si accorse che non era la voce di Sasuke.
Hitachi stava cedendo alla tecnica del fratello e ora era in ginocchio sofferente.
L’ombra nella foresta sembrava esserne accorta e uscì allo scoperto impugnando due stelle ninja. Era uno dei ninja traditori: un graffio segnava longitudinalmente il suo coprifronte.
Il ninja sconosciuto saltò e scagliò le stelline che puntavano dritte agli occhi di Sasuke. Sakura si lanciò d’istinto di fronte al ragazzo. I loro visi passarono vicinissimi l’uno di fronte all’altro e Sasuke notò che teneva gli occhi chiusi e in un attimo spostò lo sguardo sulle due stelle che si fermarono con una punta completamente infilata nel braccio sinistro di lei.
Il ninja traditore imprecava contro la ragazza e ancora a mezz’aria le lanciò contro un kunai per colpirla nella schiena. Sasuke saltò via stringendo forte Sakura, ma il kunai riuscì a colpirla nella coscia. I due ragazzi atterrarono sulla riva.
Hitachi stava ora rimproverando l’altro ninja perché si era intromesso, poi scomparvero entrambi senza lasciare altra traccia che quelle ferite sul corpo di Sakura. La vendetta fu così rimandata un'altra volta.

Sakura si staccò da Sasuke restando in ginocchio: portava così la mano destra al braccio ferito e strappava contemporaneamente le due stelline lasciandole cadere a terra. Quindi con la mano sinistra ancora tremante sfilò anche il kunai che cadde con la punta insanguinata rivolta verso l’acqua corrente. Solo allora Sasuke prese realmente coscienza di quello che era accaduto e la prese per il braccio, ritraendo poi la mano sporcata di sangue.
Aiutò Sakura a lavare via il sangue dal braccio e dopo glielo fasciò con una delle bende che teneva sempre intorno alla gamba. Lei intanto silenziosa si lasciava guidare senza mai guardarlo in viso: ora Sasuke le arrotolava un po’ i pantaloncini per scoprire la ferita della gamba. Una volta fasciata anche quella Sasuke si alzò in piedi prendendo Sakura in braccio.
Incominciò a correre stringendola perché non cadesse e poi, saltando trai tetti di Konoa, arrivò alla dimora di Tsunade, che come ben sapete oltre ad essere l’okage è anche una ninja medico.
Affidata la ragazza alle sue cure, Sasuke sparì senza una parola.
...
<<Spero per te che stia bene!>> gridava Naruto mentre trascinava Sasuke alla casa di Sakura il mattino seguente. Aprì così la porta con gran fracasso gettandosi sull’inerme Sakura che era ancora a letto. Avendo sentito rumore si era messa a sedere, ma Naruto l’aveva subito ributtata giù.
<<Ma cosa fai? Cretino!>>.
<<Allora stai bene!>>.
<<Certo!>>.
<<Sei sicura? Sai ti avevo portato dei ramen… ma se stai bene la mangio io!>>.
<<Cafone!>>.
<<Naruto!>>, il maestro Kakashi era entrato nella stanza in quel momento, <<Non ti sembra di fare troppo baccano!? Come stai Sakura?>>.
<<Bene, grazie maestro>>.
<<Sentito Naruto? Possiamo anche andare>>.
<<Maestro…aaahi!>> Kakashi aveva preso Naruto per un orecchio e lo obbligava ad uscire. Sasuke era rimasto sulla soglia per tutto questo tempo e faceva per seguirli
<<Aspetta!>> disse Sakura un attimo prima che uscisse, senza però sapere come motivare quello che aveva detto.
Lui restò immobile un attimo per poi risolversi ad andare a sedersi sul letto: ora scrutava il motivo delle mattonelle, mentre Sakura sembrava contare le pieghe delle lenzuola.
<<Senti>> dissero insieme spezzando il silenzio e alzando il capo per vedere l’altro, non aspettandosi di essere osservato a sua volta.
Sakura abbassò rapidamente lo sguardo tornando a contare le pieghe che stavano per finire.
Cercando di spezzare quel silenzio imbarazzante, non avevano fatto altro che aumentarlo.
Sasuke prese coraggio e lasciò che quella benedetta parola gli uscisse di bocca:<<Grazie>>.
Sakura sussultò: l’aveva ringraziata… Sasuke-kun l’aveva ringraziata!... Ma adesso toccava a lei a parlare e ormai aveva contato le ultime 27 pieghe rimaste.
<<Figurati…>> riuscì a sussurrare. Sentiva quegli occhi terribili sopra di sé: come osare incrociarli?... quelle parole…
…“Non guardarmi”.
Sasuke si avvicinò alla ragazza: il cuore di Sakura andava a mille.
Lui le prese il mento obbligandola ad alzare lo sguardo… lei era pietrificata e incredula, ma in quel caos raccolse con l’animo ciò che lui aveva detto: <<Guardami>>.

FINE